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L’Olio di Pesce combatte il cancro alla prostata

Una alimentazione povera di grassi saturi ma ricca di acidi grassi Omega-3 aggiunti con integratori è in grado di ridurre la velocità di crescita del tumore alla prostata.

Gli autori dello studio pubblicato sul Cancer Prevention Research Journal suggeriscono che il meccanismo sia legato alla soppressione dell’infiammazione da parte degli acidi grassi Omega-3.

Lo studio ha coinvolto pazienti affetti da tumore alla prostata in attesa di intervento chirurgico. Questi sono stati divisi in due gruppi di cui uno libero di mangiare una tipica dieta occidentale e l’altro vincolato ad una dieta con solo il 15% di grassi e 5 grammi di omega 3 aggiunti quotidianamente con degli integratori.

I soggetti che assumevano integratori di Omega-3 avevano in effetti concentrazioni più elevate di Omega-3 (acido eicosapentanoico EPA e docosaesanoico DHA) nelle membrane cellulari e presentavano una ridotta proliferazione cellulare prostatica.

William Aronson (nella foto sopra), professore di urologia clinica del Jonsson Comprehensive Cancer Center e primario di urologia oncologica del West Los Angeles Veterans Affairs Medical Center di Los Angeles ha dichiarato: “Aver osservato che una dieta povera di grassi saturi ma ricca di Omega-3 può ridurre la velocità di replicazione delle cellule prostatiche tumorali è importante perché é proprio la velocità di replicazione cellulare a determinare la progressione e l’aggressività del tumore.
Minore è la replicazione e minore sarà il rischio che il tumore si diffonda fuori dalla prostata. Siamo davvero quello che mangiamo e il nostro studio suggerisce che le modificazioni alimentari possono incidere sulla biologia del tumore prostatico”.

(Photo credit: UCLA)

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Omega 3, i grassi buoni che curano

Proteggono il cuore, sono antidepressivi e un valido alleato degli sportivi.
Salmone, tonno, merluzzo, sardine. Quanti li mangiano regolarmente?

Sono i pesci “angeli custodi” del cuore. E il merito è tutto degli acidi grassi Omega 3 (Dha e Epa) in grado di prevenire malattie cardiocircolatorie anche gravi: arrivano a ridurre la mortalità per queste patologie di circa il 10 per cento.

Giocano così un ruolo cruciale nella prevenzione dell’aterosclerosi, degli infarti, ma anche della depressione, del cancro, della colite ulcerosa, del diabete 2 e dell’artrite reumatoide. E se non bastasse, un ulteriore motivo per mangiare pesce c’è: gli Omega 3 sono anche un «salva-cervello», poiché svolgono un’azione importantissima nel metabolismo cerebrale.

Merito del loro valore anti-infiammatorio, che studi attualmente in corso stanno dimostrando. Lo studio greco ATTICA, ad esempio, sta coinvolgendo 1514 uomini e 1528 donne: si è già visto che circa il 90 per cento dei partecipanti mangia pesce almeno una volta al mese, e quelli che si attestano intorno ai 300 g la settimana presentano livelli più bassi (di oltre il 33%) di ben cinque parametri infiammatori rispetto a chi ne mangia di meno.

Uno dei ricercatori, Demosthenes Panagiotakos, ha detto all’American College of Cardiology che questi risultati dovrebbero già spingere i medici a consigliare ai propri pazienti di mangiare più pesce, in particolare il pesce azzurro di piccola taglia, come le sardine, che vanno consumate con le lische e non fritte.

Il principale autore dello studio, Antonis Zampelas, suggerisce che per ottenere più benefici potremmo ricorrere a integratori di Omega 3 in modo da arrivare ad assumerne 600 mg. al giorno. Quanto ai pesci freschi, il salmone contrasta molto bene l’invecchiamento, purché risulti di qualità incontaminata. Attenzione quindi che il pesce provenga da mari freddi e che abbia subito una procedura di distillazione molecolare d’alta qualità: è l’unico modo per garantire l’assenza di metalli pesanti come il mercurio.

«La membrana, quando presenta un’alta concentrazione di acidi grassi essenziali, conferisca fluidità alla cellula; le cellule, a loro volta, garantiscono fluidità agli organi e, proseguendo in questo suggestivo percorso si giunge alla fluidità dell’intero organismo, della trasmissione dell’informazione neurologica, degli impulsi cardiaci, della comunicazione tra i neuroni e quindi anche alla fluidità del pensiero», scrive il dottor Fabrizio Duranti nel libro «Le 100 regole del benessere» (Sperling & Kupfer).

E indica i valori dettati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana, che ha stabilito un fabbisogno quotidiano compreso tra 0,8-1,5 g di Omega-3, a secondo dell’età e del sesso.
Per raggiungere un benessere psicofisico e per aumentare le prestazioni a livello sportivo i dosaggi sono maggiori: 1-2 g di un complesso EPA/DHA il cui rapporto dovrebbe essere di circa 2:1, meglio se sotto forma di gliceridi naturali.
Ancora più elevate le dosi per ottenere benefici terapeutici, ma su indicazioni mediche.

Omega 3, l’anti-infiammatorio degli sportivi: questi acidi grassi sono stati anche presi in esame durante un congresso medico-scientifico dedicato alle novità per la corretta nutrizione degli sportivi e la cura dell’obesità che si era tenuto a Empoli. «Molti atleti oggi assumono abitualmente Omega 3 – fa notare il professor Enrico Arcelli, dell’Università di Milano .

La ragione per la quale di solito lo fanno, è che questi acidi grassi hanno uno spiccato effetto antinfiammatorio. Ci sono, ad ogni modo, vari altri effetti positivi determinati negli atleti dall’utilizzo degli acidi grassi Omega 3. Il professor Giuliano Fontani del Dipartimento di Fisiologia dell’Università di Siena e i suoi collaboratori, per esempio, hanno constatato che migliorano in misura significativa lo stato dell’umore; l’olio di pesce, in particolare, determina una diminuzione della depressione, dell’ansia e dell’aggressività.

Questi stessi studiosi hanno dimostrato che gli Omega 3 sono altresì in grado di migliorare l”attentività; c’è soprattutto una riduzione dei tempi di reazione complessi, tanto importanti in molti sport, a partire dai giochi di squadra».

Fonte: La Stampa 9/2/2009 Rubrica “Antiaging: giovani a lungo”

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Gli Omega-3 riducono il rischio di cancro della prostata

Degli effetti benefici degli omega 3 se n’è già parlato molto, ma probabilmente c’è ancora molto da scoprire su come agiscano e quali possano essere tutte le aree di applicazione. Una di queste riguarda la protezione sul temibile cancro alla prostata che, oggi, si arricchisce di una nuova importante scoperta.

La notizia giunge dai ricercatori statunitensi dell’Università della California a San Francisco, i quali hanno dichiarato che “precedenti ricerche hanno dimostrato una protezione contro il cancro alla prostata, ma questo è uno dei primi studi per dimostrare la protezione avanzata contro il cancro alla prostata e l’interazione con il gene della COX-2″
I ricercatori hanno eseguito un’analisi su 466 uomini con diagnosi di carcinoma della prostata aggressivo e 478 uomini sani. Di questi ne è stata valutata e controllata la dieta.

Il gruppo di uomini che hanno consumato molti acidi grassi omega-3 a lunga catena ha mostrato un 63% di riduzione dei rischi di cancro alla prostata aggressivo rispetto agli uomini che hanno assunto basse dosi di omega 3. I ricercatori hanno poi valutato l’effetto degli omega-3 tra gli uomini con la variante in rs4647310 COX-2, un noto gene infiammatorio.

Dai risultati è emerso che gli uomini che presentano una basso livello di omega-3 e questa variante hanno più di cinque volte un maggiore rischio di cancro alla prostata avanzato. Invece gli uomini con un elevato apporto di acidi grassi omega-3 hanno mostrato una sostanziale riduzione del rischio.

Fonte: “La Stampa” 26/3/2009

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Grazie agli omega-3 il pesce fa bene al cuore e alla mente

Professor Silvio Garattini

Si parla molto di omega-3 a volte a proposito ma spesso solo per sollecitare vendite di prodotti che non sempre li contengono in quantità adatte ad esercitare qualsiasi effetto.

Che cosa sono gli omega-3?

Sono acidi grassi, come dice il temine, un importante componente di ciò che chiamiamo grassi, tipo l’olio, il burro, la margarina.

Esistono vari tipi di acidi grassi quelli saturi, contenuti soprattutto nei prodotti animali tipo il burro o il lardo, e quelli insaturi, che sono invece presenti soprattutto nei vegetali e negli organismi marini.

Una categoria speciale di acidi grassi insaturi sono appunto gli omega-3: si distinguono dagli altri per la posizione in cui si trova l’insaturazione (costituita da più doppi legami fra due atomi di carbonio).

L’organismo umano non può sintetizzare gli omega-3 e perciò l’apporto di questi acidi grassi dipende essenzialmente dall’alimentazione.
Sono particolarmente ricchi in omega-3 alcuni pesci in particolare il salmone e i cosiddetti pesci azzurri, i crostacei, come pure il kiwi, le mandorle e le noci. I principali omega-3 hanno nomi difficili, ma è
importante conoscerli per leggere in modo appropriato le etichette che descrivono il contenuto dei cibi.
Si chiamano acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosoesaenoico (DHA) e sono i due principali omega-3 sui quali sono tuttora in corso ricerche.

Gli omega-3 sono importanti per l’organismo umano perché svolgono varie funzioni, ma soprattutto perché, insieme ad altri acidi grassi, entrano nella composizione delle membrane di tutte le cellule.
Quindi ciò che si mangia ha profonde ripercussioni sulle caratteristiche delle membrane e sulla loro funzionalità.

Le molecole degli acidi grassi saturi, quelli senza doppi legami, sono rappresentabili come bastoncini rigidi mentre gli omega-3 si presentano come dei bastoncini flessibili e ciò permette alle membrane di essere meno rigide e più fluide  il che consente migliori scambi fra l’esterno e l’interno delle cellule.

Un punto molto importante da sottolineare è la necessità di distinguere fra le quantità di omega-3 presenti nei cibi (decine di milligrammi per porzione) e quelle presenti nei farmaci (grammi per dose).

Perché è importante ingerire omega-3?

I dati epidemiologici, cioè gli studi condotti sulle popolazioni, indicano ad esempio che chi mangia pesce almeno una volta alla settimana ha minori probabilità di avere un infarto cardiaco.
Questi dati sono stati parzialmente confermati dallo studio GISSI-Prevenzione (realizzato dai medici  cardiologi ospedalieri in collaborazione con l’Istituto Mario Negri).

Questo studio ha mostrato una riduzione significativa della mortalità da parte di pazienti con fattori di rischio per malattie cardiovascolari trattati con dosi farmacologiche di omega-3. Un altro dato epidemiologico mostra che diete ricche in omega-3 sono associate a una minor incidenza di sindromi depressive.

Il Giappone, dove il pesce è un normale costituente dell’alimentazione, ha una bassa prevalenza di sindromi depressive rispetto alla Germania, dove il consumo di grassi è prevalentemente costituito da acidi grassi saturi.
Si ipotizza addirittura che la disponibilità di omega-3 per le cellule nervose abbia avuto un ruolo importante per l’aumento della massa cerebrale nel passaggio dagli ominidi all’uomo.

Studi più recenti hanno messo in evidenza che in Inghilterra un gruppo di studenti alimentati con una dieta ricca in omega-3 aveva performance scolastiche migliori rispetto ad altri alunni. In Indonesia le bambine mostrerebbero un rapporto proporzionale fra alimentazione ricca di omega-3 e sviluppo cerebrale.

Molti altri studi sperimentali, condotti negli animali e nell’uomo mostrerebbero un aumento della memoria, dell’orientamento nello spazio e nel tempo, dell’attenzione e delle facoltà cognitive in genere.

Analoghi vantaggi si otterrebbero con gli omega-3 nel miglioramento della “demenza” presente in topi portatori di modelli della malattia di Alzheimer come pure in soggetti anziani. E’ stato utilizzato il  condizionale perché i dati finora disponibili sono ipotesi più che acquisizioni definitive.

Infatti solo studi clinici controllati condotti con rigore scientifico e su numerosi pazienti potranno dare una risposta e forse una speranza a molti ammalati.
Speriamo solo che le industrie farmaceutiche siano disponibili a sostenere questi studi.

Professor Silvio Garattini,
direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri – Milano

Fonte: Gente 26/07/2008

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Cancro, l’ Ist ‘esporta’ cura a base di olio di pesce

Successo per il trattamento nutrizionale per malati di tumore lanciato dal reparto di Gastroenterologia e Nutrizione Clinica dell’ Ist di Genova. «A un solo mese dall’ avvio del progetto abbiamo ricevuto più di 50 chiamate da tutta Italia e dall’ estero», dice il responsabile del reparto Attilio Giacosa. Il progetto, fondato sulla somministrazione di un mix a base di Epa (uno degli acidi grassi polinsaturi “omega 3” dell’ olio di pesce), è stato avviato dopo una ricerca internazionale durata 5 anni. «Elimina le perdite di peso», dice Giacosa, «migliorando la qualità della vita dei pazienti che conservano energie e massa muscolare».

Fonte: Repubblica — 07 agosto 2003

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La sardina fa bene ai polmoni

Fumatori, mangiate pesce, e proteggerete i vostri polmoni! E’ l’ultima novità in tema di prevenzione anticancro, e viene dal “New england journal of medicine”, ed è frutto di una statistica effettuata all’università del Minnesota. «Abbiamo studiato i sintomi di bronchite ed enfisema in 8900 pazienti, in quattro diversi Stati», ha spiegato il dottor Aaron Folsom, epidemiologo. «Ebbene, le persone che mangiavano pesce almeno quattro volte alla settimana sviluppavano i disturbi polmonari presi in esame, rispetto a chi mangia pesce una volta alla settimana, almeno nel 45 per cento dei casi». In base a quale meccanismo? «Noi pensiamo che siano alcuni acidi grassi (gli omega-3), che si trovano nel pesce, a esercitare una azione positiva. E in particolare contro la infiammazione e la degenerazione dei tessuti polmonari, così frequenti nei fumatori accaniti». Anche, in alcuni ospedali, è stata introdotta una dieta a base di pesce, a scopo preventivo. Da questo punto di vista andrebbero bene soprattutto le aringhe, i salmoni, le acciughe, il tonno, le sardine e il pesce spada. Niente frittura, però: meglio la bollitura o la cottura a vapore.

Fonte: Focus – 26
15/12/1994

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Malato terminale salvo grazie agli Omega-3?

La comunità scientifica è scossa dal caso di un malato terminale statunitense affetto da istiocitoma fibroso maligno con lesioni multiple in entrambi i polmoni che senza intervento chirurgico né chemioterapia (i suoi medici curanti lo avevano dato per spacciato), ma solo con dosi elevate di acidi grassi omega-3 introdotti nella sua dieta grazie all’olio di pesce, ha avuto un lento ma marcato miglioramento. Il paziente è tuttora asintomatico dopo 5 anni di trattamento e le TAC hanno determinato una riduzione delle masse tumorali del 90 per cento. Pur con la dovuta cautela, il caso del signor D.H. sta sollevando il più vivo interesse degli scienziati.
L’uomo, un 78enne di Reno, in Nevada, era un vicino di casa di Ronald S. Pardini, professore di Biochimica e direttore associato della Nevada Agricultural Experiment Station presso l’University of Nevada. Una volta ricevuta la terribile diagnosi, l’uomo si è rivolto a Pardini, autore in passato di ricerche che avevano dimostrato che l’assunzione di acidi grassi omega-3 diminuiva significativamente la crescita delle cellule tumorali mammarie, ovariche, pancreatiche, del colon e della prostata in topi di laboratorio.
“Nel 2000 al signor D.H. sono stati diagnosticati solo pochi mesi di vita”, spiega Pardini. “Ma cinque anni dopo D.H. è ancora vivo e ha persino guadagnato peso”. Il signor D.H., invece che a un intervento chirurgico o a un ciclo di chemioterapia, è stato sottoposto ad un intervento nutrizionale teso ad incrementare drasticamente l’assunzione di acidi grassi omega-3 mediante il consumo di olio di pesce e a diminuire viceversa l’assunzione di omega-6.
“Abbiamo stimato un consumo quotidiano per D.H. di 15 grammi di acido eicosapentenoico omega-3 (EPA) e di acido docosaesaneoico (DHA) al giorno, e la percentuale di acido linoleico/omega-3 nella sua dieta era di 0,81”, spiega Pardini. “Nei 5 anni finora trascorsi una serie di TAC e radiografie polmonari hanno registrato una lenta ma costante diminuzione in numero e dimensioni dei noduli bilaterali. Il signor D.H. non ha denunciato effetti collaterali particolari dovuti al grande consumo di olio di pesce ed è rimasto asintomatico”.

Fonte: Pardini RS, Wilson D Schiff S et al. Nutritional Intervention With Omega-3 Fatty Acids in a Case of Malignant Fibrous Histiocytoma of the Lungs. Nutrition and Cancer 2005; 52(2): 121-9. doi:10.1207/s15327914nc5202_2.

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Omega-3 e tumori del fegato

Gli studi sugli effetti benefici per la salute degli omega-3 si susseguono. L’ultimo in ordine di tempo ha preso in considerazione il rapporto tra l’assunzione di questi acidi grassi e l’insorgenza dei tumori del fegato. Secondo quanto è stato riferito all’annuale convegno dell’American Association for Cancer Research (AACR) tenutosi a Washington, dai ricercatori della Scuola di medicina dell’Università di Pittsburgh vi sarebbe in effetti un effetto di prevenzione nei confronti di questo tipo di neoplasie.
In un primo studio, è stato analizzato l’effetto su cellule con carcinoma epatocellulare, responsabile del’80-90 per cento di tutti i tumori del fegato e fatale dopo 3-6 mesi dalla diagnosi, di un trattamento a base di omega-3, in particolare di acido docosaesaenoico (DHA), di acido eicosapentaenoico (EPA) e di omega-6, in particolare di acido arachidonico (AA). Dopo un periodo di osservazione variabile tra 12 e 48 ore, il DHA e l’EPA hanno mostrato un effetto di inibizione della crescita cellulare dipendente dalla dose, mentre il trattamento con AA non ha mostrato alcun effetto significativo. Secondo i ricercatori, l’efficacia sarebbe dovuta all’induzione del meccanismo di apopotosi.
In un secondo studio, invece, sono state utilizzate cellule tumorali di colangiocarcinoma, una particolare forma molto aggressiva di neoplasia del fegato, che ha origine nei dotti biliari e ha una mortalità molto elevata. Anche in questo caso i risultati di inibizione della crescita cellulare sono stati ottenuti con il trattamento a base di DHA e di EPA e non con AA.
Secondo Tong Wu, che ha guidato la ricerca, i risultati suggeriscono la possibilità di arrivare non solo a una terapia efficace dei tumori del fegato, ma anche a una prevenzione della steatoepatite, una patologia cronica caratterizzata da un accumulo di grassi nel fegato, considerato indice di un possibile sviluppo di carcinoma epatocellulare.

Fonte: Le Scienze (04/04/2006)

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