Archivi categoria: malattie infiammatorie

I pregi del salmone

Secondo recenti studi, gli omega 3 sembrano contribuire anche alla prevenzione di alcuni tumori ed essere utili nel trattamento dell’artrite reumatoide. Sono anche studiati per il loro potenziale ruolo antidepressivo e perché sembrano contrastare il declino delle capacità cognitive nell’invecchiamento. Infine, sono necessari al feto per lo sviluppo di cervello e retina. Il salmone, come del resto gli altri pesci, è anche un’ottima fonte di proteine, di minerali (quali il fosforo) e, più di altri pesci, di vitamine come la E e la D. Quest’ultima promuove l’assorbimento del calcio e favorisce la mineralizzazione dello scheletro: il salmone, insieme a sgombri, aringhe e altri pesci grassi, è uno dei pochi alimenti che ne contiene quantità significative.
LA SCELTA
Insomma, nel caso del salmone, le calorie in più (185 per etto per il salmone fresco, 147 per quello affumicato) trovano ampie giustificazioni. Ma quale tipo di salmone scegliere? Risponde Elena Orban, responsabile dell’Unità di studio sui prodotti ittici all’Istituto Nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione: «Da nostri studi emerge che i pesci di allevamento hanno quantitativi di omega 3 paragonabili a quelli del pesce selvaggio. Quanto al salmone affumicato, consiglio di non eccedere, perché durante l’affumicatura si possono formare sostanze che, in quantità elevata, possono essere pericolose. Inoltre, i prodotti affumicati, come i cibi in scatola, sono molto ricchi di sale, che aiuta la conservazione. Fortunatamente, ora il salmone affumicato, e la nostrana trota salmonata affumicata, identica sotto il profilo nutrizionale e organolettico come dimostrano i nostri studi, vengono affumicati a basse temperature (27-30°C) e con meno sale».

Fonte: Corriere della Sera (11/01/2004)

>> Post più visto:
Gli integratori di Omega-3 fanno male?

Omega-3 ed Alzheimer

Che mangiare pesce facesse bene, e’ risaputo, e che salmone, sardine e sgombri e simili potessero diminuire il rischio di sviluppare demenza, si sa da qualche tempo. Ma ora, i ricercatori dell universita’ di Cardiff, grazie a 300mila sterline stanziate dal Fondo per la ricerca sull Alzheimer, dovranno capire esattamente come cio’ avviene. Nel frattempo, prima di avere una risposta certa, il consiglio e’ quello di mangiare pesce grasso almeno due volte a settimana. Lo studio, che durera’ tre anni, sara’ condotto su topi geneticamente modificati con il morbo dell Alzheimer e avra’ il compito di monitorare gli effetti sui topi di diversi tipi di dieta. La ricerca preliminare per ora ha mostrato che i roditori alimentati con pesci grassi hanno migliorato le loro funzioni cerebrali.
Come ha spiegato il professor John Harwood, coordinatore del team di ricerca, i topi sono stati messi in un labirinto. ”Quelli con normali funzioni cerebrali hanno imparato velocemente quando girare a destra o a sinistra chiarisce – mentre quelli con l Alzheimer erano completamente incapaci di ricordare. Ma dopo averli nutriti con una dieta ricca di olii grassi, la loro capacita’ di apprendimento e’ notevolmente migliorata”.
La spiegazione puo’ essere nel fatto che i grassi omega 3, contenuti in questo tipo di pesce, riescano a prevenire l’accumulo delle proteine amiloidi, che crescono come una placca sul cervello delle persone malate di Alzheimer, rallentandone le funzioni cerebrali. ”Ci sono stati gia’ diversi studi continua Harwood che hanno mostrato come le persone che consumano una significativa quantita’ di pesci grassi, o anche di compresse contenenti gli stessi principi, sono meno soggette a malattie come l Alzheimer. Uno studio condotto a Chicago l anno scorso per esempio ha dimostrato che le persone che abitualmente consumano pesce grasso hanno il 60% di rischio in meno di sviluppare questa malattia”.
Includere queste tipo di pesce nell alimentazione, dicono i ricercatori, e’ dunque molto facile e non necessita certo di una visita in ospedale. ”Non riusciro’ a curare l Alzheimer conclude Harwood – ma il risultato innegabile e’ che l assunzione di pesce grasso rallenta il tasso di deterioramento delle funzioni cerebrali e puo’ impedire la comparsa della malattia. Se e’ difficile capire la quantita’ esatta di omega 3 che si assumono con la normale alimentazione, con le compresse si puo’ sapere con esattezza e i risultati sono ugualmente buoni”.
Fonte: Ansa (12/04/2005)


Torna di moda l’olio di fegato di merluzzo

ks115820.jpgDopo decenni di disuso, l’olio terrore-dei-bambini delle passate generazioni torna a far parlare di sé per le sue nuove proprietà per combattere molti malanni tra i quali l’osteoartrite e l’asma

Le nonne avevano ragione. L’olio di fegato di merluzzo fa bene quasi a tutto. A confermarlo è uno studio condotto da un’equipe di ricercatori gallesi secondo il quale risulta efficace anche contro l’osteoartrite. A 31 pazienti sofferenti di osteoartriti, e in attesa di essere operati al ginocchio, sono state somministrate per quasi tre mesi particolari compresse. Per una metà del campione si trattava di due capsule al giorno di 1.000 mg di olio di fegato di merluzzo. Agli altri malati viceversa è stato dato un semplice placebo. La sperimentazione ha dimostrato che l’86% dei pazienti curati con l’olio, al termine del trattamento, era quasi completamente privo dell’enzima responsabile del danneggiamento della cartilagine. Viceversa, solo nel 26% di chi aveva preso il placebo sono stati rilevati miglioramenti.

La scoperta dei professori Bruce Caterson e John Harwood (Università di Cardiff) e del prof. Colin Dent (ortopedico dell’Università del Galles) potrebbe dunque ridurre sensibilmente il numero di interventi al ginocchio e all’anca. In Gran Bretagna, solo nell’ultimo anno, sono stati due milioni i malati sofferenti di osteoartrite.

‘I dati suggeriscono che l’olio di fegato di merluzzo ha un duplice effetto: da una parte rallenta la degenerazione della cartilagine nelle osteoartriti, dall’altra riduce i processi infiammatori che provocano dolore’, ha spiegato il professor Caterson. I principi salutari di questo tipo di olio sono noti da anni. Grazie alla massiccia presenza di vitamina D e A (una quantità tre volte superiore rispetto a quella che c’è nel fegato di manzo), l’olio di fegato di merluzzo è utilizzato per curare le otiti e le allergie, favorisce la funzionalità del cervello, ed è un valida cura allo stress e a diversi disordini comportamentali.

Ma non è tutto qui. Il detestato olio di fegato di merluzzo, generosamente somministrato alle generazioni passate di bambini, li ha probabilmente aiutati a combattere i sintomi dell’asma, di cui oggi soffrono milioni di persone, due milioni nella sola Australia. Uno studio dell’Istituto per la prevenzione dell’asma infantile, ha concluso che gli acidi grassi Omega-3, che si trovano nella colza, nel tonno e nell’olio di fegato di merluzzo, può ridurre significativamente sintomi come tosse e respiro affannoso, nei bambini di genitori che soffrono di asma.

I risultati, presentati alla Conferenza australiana per l’asma in corso a Melbourne sono basati su un programma che ha seguito 6.161 bambini sin dalla nascita. Lo studio indica che la riduzione degli acari della polvere in lenzuola e coperte e l’eliminazione dei giocattoli di peluche produce risultati positivi in termini di allergie, ma i supplementi Omega-3 sono ancora più efficaci contro tosse e respiro affannoso. E’ troppo presto – sostiene il ricercatore prof. Craig Mellis della Bond University – per stabilire se qualcuno dei bambini ha effettivamente contratto l’asma, ma l’effetto dell’Omega-3 sui bambini di tre anni è stato ‘statisticamente impressionante’.

Fonte: Newton 03 marzo 2004