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Sardine contro infarto e ictus

Sardine regine della tavola per proteggere cuore e vasi ed evitare infarto e ictus. Parola di esperti, infatti, piu’ ancora di sgombri e aringhe sono proprio le sardine i pesci azzurri piu ricchi di acidi grassi omega-3: antiossidanti spazzini in grado di ripulire le arterie. A consigliare un consumo maggiore di questa specie ittica economica, ma poco gettonata nella penisola, sono i medici della Societa italiana per lo studio dell’ateriosclerosi (Sisa), riuniti a Mestre (Venezia) per il loro XIX Congresso nazionale.

Ed ecco la ricetta salvacuore suggerita dagli specialisti a convegno: per le persone sane pesce azzurro due volte a settimana per assicurarsi circa mezzo grammo al giorno di omega-3, mentre per chi ha gia avuto incidenti cardiovascolari pesce azzurro due volte a settimana con laggiunta di integratori farmacologici a base di omega-3, cosi da arrivare ad assumere un grammo al giorno di questo grasso amico. Gli effetti benefici degli omega-3, sia presenti in natura nella fauna ittica sia di derivazione farmacologica, sotto forma di integratori appositamente studiati, sono ormai assodati nella riduzione del rischio cardiovascolare, ha sottolineato Graziana Lupatelli, collaboratrice del presidente Sisa Elmo Mannarino, Clinica medica universita di Perugia.

Per questo, ripetono gli esperti, e consigliabile introdurre nella dieta tutte le tipologie di pesce azzurro e in particolare le sardine, in assoluto le piu ricche in omega 3. Queste sostanze hanno azione antitrombotica, riducono i livelli di trigliceridi nel sangue e prevengono le aritmie cardiache, ricorda una nota Sisa.

Fonte: AdnKronos (29/11/2005)

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Gli integratori di Omega-3 fanno male?

Pesce in gravidanza e il bimbo cresce

Una dieta ricca di pesce durante la gravidanza, in particolare durante gli ultimi mesi, sembra favorire la crescita del bambino, riducendo la probabilità di partorire bambini sottopeso. Ne parla uno studio i cui risultati saranno pubblicati sulla rivista specializzata Journal of Epidemiology and Community Health.

Lo studio ha coinvolto un numero estremamente elevato di partorienti: ben 12.000 donne. L’importanza di tale risultato risiede nel fatto che un neonato sottopeso va incontro a un rischio maggiore di cardiopatie e diabete. Alle partecipanti allo studio è stato richiesto di annotare il consumo di pesce dopo la 32esima settimana di gestazione, quindi dopo circa 7 mesi e mezzo.

In base all’analisi di quanto riportato dalle madri, i ricercatori hanno calcolato l’apporto di acidi grassi omega 3, noti per gli effetti benefici sulla salute cardiovascolare tra cui una maggiore fluidità del sangue, che attraversa con più facilità la placenta, e la prevenzione di aritmie. In media è emerso che le donne assumevano l’equivalente in acidi omega 3 di un terzo di una scatoletta di tonno al giorno, pari a circa 0,15 grammi. I benefici sull’organismo della madre e del nascituro aumentavano all’aumentare di pesce introdotto con la dieta.

Una crescita ridotta del feto sopraggiunge in una gravidanza normale in circa un caso su dieci, mentre nelle donne che non mangiano mai pesce avviene in un caso su otto, circa il 13 per cento. La Food Standards Agency sconsiglia, tuttavia, di introdurre nella dieta carne di squalo, merluzzo, pescespada e tonno per l’alta percentuale di mercurio presente in questi pesci.

(Fonte Yahoo Salute 13/05/2004)

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Gli integratori di Omega-3 fanno male?

Omega-3 e tumori del fegato

Gli studi sugli effetti benefici per la salute degli omega-3 si susseguono. L’ultimo in ordine di tempo ha preso in considerazione il rapporto tra l’assunzione di questi acidi grassi e l’insorgenza dei tumori del fegato. Secondo quanto è stato riferito all’annuale convegno dell’American Association for Cancer Research (AACR) tenutosi a Washington, dai ricercatori della Scuola di medicina dell’Università di Pittsburgh vi sarebbe in effetti un effetto di prevenzione nei confronti di questo tipo di neoplasie.
In un primo studio, è stato analizzato l’effetto su cellule con carcinoma epatocellulare, responsabile del’80-90 per cento di tutti i tumori del fegato e fatale dopo 3-6 mesi dalla diagnosi, di un trattamento a base di omega-3, in particolare di acido docosaesaenoico (DHA), di acido eicosapentaenoico (EPA) e di omega-6, in particolare di acido arachidonico (AA). Dopo un periodo di osservazione variabile tra 12 e 48 ore, il DHA e l’EPA hanno mostrato un effetto di inibizione della crescita cellulare dipendente dalla dose, mentre il trattamento con AA non ha mostrato alcun effetto significativo. Secondo i ricercatori, l’efficacia sarebbe dovuta all’induzione del meccanismo di apopotosi.
In un secondo studio, invece, sono state utilizzate cellule tumorali di colangiocarcinoma, una particolare forma molto aggressiva di neoplasia del fegato, che ha origine nei dotti biliari e ha una mortalità molto elevata. Anche in questo caso i risultati di inibizione della crescita cellulare sono stati ottenuti con il trattamento a base di DHA e di EPA e non con AA.
Secondo Tong Wu, che ha guidato la ricerca, i risultati suggeriscono la possibilità di arrivare non solo a una terapia efficace dei tumori del fegato, ma anche a una prevenzione della steatoepatite, una patologia cronica caratterizzata da un accumulo di grassi nel fegato, considerato indice di un possibile sviluppo di carcinoma epatocellulare.

Fonte: Le Scienze (04/04/2006)

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Omega-3: meno rischi per il cuore in tempi brevi

I grassi omega-3 del pesce e quelli dell’olio di soia in poche settimane riducono il rischio cardiovascolare. È la prima dimostrazione, pubblicata sulla rivista Chest, degli effetti a breve termine di una dieta ricca di olio di pesce e soia o supplementi di queste sostanze. A darla uno studio di Fernando Holguin, della Emory University School of Medicine di Atlanta compiuto su 58 anziani.
“Le nostre scoperte per la prima volta contraddicono un concetto diffuso nella comunità medica secondo cui gli acidi grassi omega-3 producono solo a lungo termine effetti benefici sul sistema cardiovascolare”, ha affermato Holguin entusiasta, “mentre il nostro studio ha evidenziato miglioramenti della funzione cardiaca in un tempo ridotto di due sole settimane”.
I ricercatori hanno seguito per alcuni mesi gli anziani, misurando a più riprese un parametro molto usato per quantificare la funzione cardiaca autonoma, ovvero la variabilità della frequenza cardiaca (heart rate variability – HRV). Un ridotto valore di HRV è una buona misura predittiva di mortalità e complicazioni cardiache come le aritmie, sia in pazienti reduci da un infarto sia in persone considerate sane. I ricercatori hanno voluto verificare se il parametro HRV viene influenzato da una dieta a base di olio di pesce e di soia. Con questo intento gli esperti hanno somministrato ogni giorno per 11 settimane a metà campione 2 grammi di supplemento di olio di pesce, all’altra metà 2 grammi di supplemento di olio di soia che contiene omega-3 vegetali. Così facendo i ricercatori hanno dimostrato un considerevole aumento di HRV con i supplementi di olio di pesce ed un aumento di HRV, sia pure meno significativo, con quelli di soia.
“Prendere questi supplementi dunque”, ha riferito Holguin, “aiuta a ridurre il rischio di andare incontro ad eventi cardiovascolari avversi o morte improvvisa, specialmente in persone già classificate a rischio per la loro età, disturbi lipidici, ipertensione, storia familiare di cardiopatie, un passato da fumatori”.
Servono solo 2,7 settimane di supplementazione a base di omega-3 di pesce per registrare un aumento significativo di HRV, mentre ne occorrono 8,1 quando i supplementi sono di origine vegetale. “Studi come questo dimostrano che esistono approcci alternativi che possiamo usare per proteggerci da attacchi cardiaci”, ha detto Paul Kvale, presidente dell’American College of Chest Physicians, “è entusiasmante vedere l’effetto del consumo degli acidi grassi nel migliorare la funzione cardiaca, associato ad uno stile di vita sano, che preveda esercizio fisico, peso sotto controllo e otto ore di sonno”.

Fonte: Holguin F, Téllez-Rojo MM, Lazo M. Cardiac autonomic changes associated with fish oil vs soy oil supplementation in the elderly. Chest 2005;127:1102-7.


Omega-3 ed Alzheimer

Che mangiare pesce facesse bene, e’ risaputo, e che salmone, sardine e sgombri e simili potessero diminuire il rischio di sviluppare demenza, si sa da qualche tempo. Ma ora, i ricercatori dell universita’ di Cardiff, grazie a 300mila sterline stanziate dal Fondo per la ricerca sull Alzheimer, dovranno capire esattamente come cio’ avviene. Nel frattempo, prima di avere una risposta certa, il consiglio e’ quello di mangiare pesce grasso almeno due volte a settimana. Lo studio, che durera’ tre anni, sara’ condotto su topi geneticamente modificati con il morbo dell Alzheimer e avra’ il compito di monitorare gli effetti sui topi di diversi tipi di dieta. La ricerca preliminare per ora ha mostrato che i roditori alimentati con pesci grassi hanno migliorato le loro funzioni cerebrali.
Come ha spiegato il professor John Harwood, coordinatore del team di ricerca, i topi sono stati messi in un labirinto. ”Quelli con normali funzioni cerebrali hanno imparato velocemente quando girare a destra o a sinistra chiarisce – mentre quelli con l Alzheimer erano completamente incapaci di ricordare. Ma dopo averli nutriti con una dieta ricca di olii grassi, la loro capacita’ di apprendimento e’ notevolmente migliorata”.
La spiegazione puo’ essere nel fatto che i grassi omega 3, contenuti in questo tipo di pesce, riescano a prevenire l’accumulo delle proteine amiloidi, che crescono come una placca sul cervello delle persone malate di Alzheimer, rallentandone le funzioni cerebrali. ”Ci sono stati gia’ diversi studi continua Harwood che hanno mostrato come le persone che consumano una significativa quantita’ di pesci grassi, o anche di compresse contenenti gli stessi principi, sono meno soggette a malattie come l Alzheimer. Uno studio condotto a Chicago l anno scorso per esempio ha dimostrato che le persone che abitualmente consumano pesce grasso hanno il 60% di rischio in meno di sviluppare questa malattia”.
Includere queste tipo di pesce nell alimentazione, dicono i ricercatori, e’ dunque molto facile e non necessita certo di una visita in ospedale. ”Non riusciro’ a curare l Alzheimer conclude Harwood – ma il risultato innegabile e’ che l assunzione di pesce grasso rallenta il tasso di deterioramento delle funzioni cerebrali e puo’ impedire la comparsa della malattia. Se e’ difficile capire la quantita’ esatta di omega 3 che si assumono con la normale alimentazione, con le compresse si puo’ sapere con esattezza e i risultati sono ugualmente buoni”.
Fonte: Ansa (12/04/2005)


Grassi omega-3, il seme dell’intelligenza nei bambini

I grassi omega-3 di cui sono ricchi pesci quali trote, sardine, sgombri, salmone, sono la chiave per far crescere bimbi intelligenti. Infatti l’analisi dei dati raccolti da uno studio a lungo termine, eseguita dall’équipe di Joseph Hibbeln dei National Institutes of Health statunitensi, mostra dati allarmanti sul rapporto tra carenza di questi oli essenziali nella mamma in gravidanza e nel bimbo e quoziente intellettivo (QI) di quest’ultimo. Un basso apporto di omega-3 corrisponde a un basso QI per il piccolo. A rischio sarebbero anche le performance motorie e la capacità di coordinazione tra mano e occhio.

Lo studio, secondo quanto Hibbeln ha riferito su The Economist, ha riguardato 9000 mamme e rispettivi bambini di una provincia britannica, Avon. È emerso che le gestanti che assumevano la quantità più bassa di grassi omega-3 con maggiore probabilità divenivano mamme di bimbi con un QI mediamente di sei punti più basso rispetto a quello di coetanei le cui mamme consumavano durante la gravidanza adeguate quantità di cibi che danno un apporto di omega-3. Invece quelle con il più alto apporto di omega-3, grazie al consumo di pesci quali sardine e sgombri o altre sorgenti di omega-3 nella dieta, hanno bimbi che già a tre anni e mezzo superano tutti in quanto a performance motorie.

E gli omega-3 non sembrano influenzare solo il QI dei piccoli ma anche la loro capacità di interazione sociale: il 14 per cento dei diciassettenni le cui mamme durante la gravidanza avevano un basso apporto di omega-3, mostrano problemi di socializzazione, hanno rilevato gli esperti.
Questi condizionamenti sul cervello e sull’intelligenza dei bambini, hanno spiegato gli esperti, si comprendono alla luce del fatto che il 60 per cento del sistema nervoso è costituito da grassi. Il nostro corpo non è in grado di produrre autonomamente omega-3, per questo l’assunzione di alcuni cibi diviene
essenziale soprattutto durante lo sviluppo del feto e nel periodo della crescita.

I nutrizionisti consigliano alle gestanti di mangiare almeno due volte a settimana una porzione di pesce grasso, che fornisce un buon apporto di omega-3. Per i vegetariani l’alternativa può essere rappresentata da semi di zucca e di lino, ma la quantità da ingerire per avere un apporto comparabile di omega-3 deve essere di almeno due cucchiai da tavola al giorno. Ci si può aiutare quando necessario, ma solo a corollario di una dieta bilanciata, con supplementi alimentari, hanno concluso gli esperti.

(Fonte Yahoo Salute 25/01/2006)


Studi recenti sugli Omega-3

Dal supplemento “Salute” de La Repubblica (12/10/2006) pag. 51.

Recentemente su American Journal of Psychiatry, un’ampia rassegna, curata da un gruppo dell’Università del New South Wales a Sydney in Australia, ha riassunto i numerosi studi degli ultimi anni che documentano una stretta relazione tra gli omega 3 e la depressione.
Una carenza di questi grassi abbondanti nel pesce, è stata ripetutamente segnalata da studi su persone depresse, sia nella forma “maggiore” sia in quella maniaco-depressiva.
E studi con placebo hanno dimostrato che l’uso di pillole di olio di pesce favorisce il miglioramento dell’umore.
Di grande interesse gli studi sugli omega 3 in gravidanza, essenziali allo sviluppo del cervello fetale. Ricercatori australiani hanno calcolato che donne, che mangiano poco pesce e pochi vegetali ricchi del precursore degli acidi grassi a catena lunga (EPA e DHA), nell’ultima fase della gravidanza possono andare in carenza di omega 3.
Le conseguenze possono essere negative per il normale sviluppo del bambino, ma anche per la madre che può sviluppare una depressione post-partum.
Sempre per i bambini, uno studio controllato con placebo israeliano (Am. J. of Psychiatry) su bambini depressi tra i sei e i dodici anni, ha dimostrato che un grammo di olio di pesce produce “effetti altamente significativi sulla depressione” misurati con apposite scale.
Come fa l’olio di pesce a migliorare l’umore? Il cervello è l’organo più grasso del nostro organismo. La membrana che avvolge la cellula nervosa, quando va tutto bene, presenta un equilibrio tra colesterolo e fosfolipidi con acidi grassi omega-6 e omega-3.
Se una dieta squilibrata (per esempio con poco o niente pesce e molta carne) riduce la presenza di omega-3, è il funzionamento del neurone che viene ad essere compromesso con alterazione dell’apertura dei canali ionici, alterazione della espressione genica, disturbo nella neurotrasmissione. (f. b.)


Torna di moda l’olio di fegato di merluzzo

ks115820.jpgDopo decenni di disuso, l’olio terrore-dei-bambini delle passate generazioni torna a far parlare di sé per le sue nuove proprietà per combattere molti malanni tra i quali l’osteoartrite e l’asma

Le nonne avevano ragione. L’olio di fegato di merluzzo fa bene quasi a tutto. A confermarlo è uno studio condotto da un’equipe di ricercatori gallesi secondo il quale risulta efficace anche contro l’osteoartrite. A 31 pazienti sofferenti di osteoartriti, e in attesa di essere operati al ginocchio, sono state somministrate per quasi tre mesi particolari compresse. Per una metà del campione si trattava di due capsule al giorno di 1.000 mg di olio di fegato di merluzzo. Agli altri malati viceversa è stato dato un semplice placebo. La sperimentazione ha dimostrato che l’86% dei pazienti curati con l’olio, al termine del trattamento, era quasi completamente privo dell’enzima responsabile del danneggiamento della cartilagine. Viceversa, solo nel 26% di chi aveva preso il placebo sono stati rilevati miglioramenti.

La scoperta dei professori Bruce Caterson e John Harwood (Università di Cardiff) e del prof. Colin Dent (ortopedico dell’Università del Galles) potrebbe dunque ridurre sensibilmente il numero di interventi al ginocchio e all’anca. In Gran Bretagna, solo nell’ultimo anno, sono stati due milioni i malati sofferenti di osteoartrite.

‘I dati suggeriscono che l’olio di fegato di merluzzo ha un duplice effetto: da una parte rallenta la degenerazione della cartilagine nelle osteoartriti, dall’altra riduce i processi infiammatori che provocano dolore’, ha spiegato il professor Caterson. I principi salutari di questo tipo di olio sono noti da anni. Grazie alla massiccia presenza di vitamina D e A (una quantità tre volte superiore rispetto a quella che c’è nel fegato di manzo), l’olio di fegato di merluzzo è utilizzato per curare le otiti e le allergie, favorisce la funzionalità del cervello, ed è un valida cura allo stress e a diversi disordini comportamentali.

Ma non è tutto qui. Il detestato olio di fegato di merluzzo, generosamente somministrato alle generazioni passate di bambini, li ha probabilmente aiutati a combattere i sintomi dell’asma, di cui oggi soffrono milioni di persone, due milioni nella sola Australia. Uno studio dell’Istituto per la prevenzione dell’asma infantile, ha concluso che gli acidi grassi Omega-3, che si trovano nella colza, nel tonno e nell’olio di fegato di merluzzo, può ridurre significativamente sintomi come tosse e respiro affannoso, nei bambini di genitori che soffrono di asma.

I risultati, presentati alla Conferenza australiana per l’asma in corso a Melbourne sono basati su un programma che ha seguito 6.161 bambini sin dalla nascita. Lo studio indica che la riduzione degli acari della polvere in lenzuola e coperte e l’eliminazione dei giocattoli di peluche produce risultati positivi in termini di allergie, ma i supplementi Omega-3 sono ancora più efficaci contro tosse e respiro affannoso. E’ troppo presto – sostiene il ricercatore prof. Craig Mellis della Bond University – per stabilire se qualcuno dei bambini ha effettivamente contratto l’asma, ma l’effetto dell’Omega-3 sui bambini di tre anni è stato ‘statisticamente impressionante’.

Fonte: Newton 03 marzo 2004


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