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L’olio di pesce previene l’artrosi

Una nuova ricerca dall’Inghilterra suggerisce che l‘olio di pesce può prevenire ed aiutare a rallentare la progressione dell’artrosi, una malattia degenerativa delle articolazioni che colpisce circa il 10% della popolazione adulta generale, e il 50% delle persone che hanno superato i 60 anni di età.

Il team di ricercatori dell’Università di Bristol in Gran Bretagna ha nutrito con una alimentazione ricca di omega-3 delle cavie con una predisposizione genetica a sviluppare artrosi ed ha scoperto che, rispetto ad un gruppo di controllo di animali alimentati con una dieta standard, l’alimentazione addizionata di olio di pesce riduce l’incidenza della malattia del 50 %.

Tra gli effetti positivi degli omega-3 sono stati rilevati una riduzione della degradazione del collagene nella cartilagine e una migliore ritenzione delle molecole che danno alla cartilagine le proprietà ammortizzanti.

Evidenze scientifiche hanno indicato che gli omega-3 influenzano la biochimica dell’artrosi, prevenendone l’insorgenza e rallentandone la progressione quando è già presente.

Il Dr. Tarlton, uno dei ricercatori, ha dichiarato che “l’alimentazione nel mondo sviluppato manca di omega-3. Assumendo omega-3 per aiutare a correggere questo squilibrio si può migliorare anche una serie di altri problemi di salute come malattie cardiache e la colite”.

Lo studio è stato pubblicato nel numero di settembre 2011 della rivista Osteoarthritis and Cartilage.

 

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Gli integratori di Omega-3 fanno male?

Comitato dell’Unione Europea raccomanda l’assunzione di integratori di omega-3 durante la gravidanza

I bambini presentano più facilmente un peso alla nascita nella norma e le probabilità di parto prematuro diminuiscono

Le donne in gravidanza dovrebbero assumere ogni giorno un integratore di acidi omega-3, secondo quanto raccomandato da un comitato di consenso sostenuto dall’UE. L’integratore aumenterebbe le probabilità di avere un figlio sano e potenzierebbe lo sviluppo del bambino.

Il comitato, composto da oltre 50 esperti nutrizionisti coinvolti nei progetti «Perinatal Lipid Nutrition Group» (PeriLip) e «Early Nutrition Programming» (EARNEST), finanziati dall’UE, afferma di avere scoperto che integrando la dieta con DHA le gravidanze sono più sane, i bambini presentano più facilmente un peso alla nascita nella norma e le probabilità di parto prematuro diminuiscono.

Secondo la raccomandazione, appoggiata anche da sette organizzazioni scientifiche internazionali, le madri in attesa e quelle che allattano dovrebbero assumere 200 milligrammi al giorno di un tipo di acido grasso della serie omega-3 chiamato acido docoesaenoico (DHA), contenuto nel pesce grasso come il salmone e lo sgombro. L’assunzione di DHA è stata associata allo sviluppo del cervello e degli occhi.

«Sulla base di analisi sistematiche delle prove disponibili, questo gruppo di esperti internazionali, sostenuto dall’UE, è giunto all’unanime conclusione che le donne dovrebbero assumere regolarmente l’acido grasso DHA durante la gravidanza e il periodo di allattamento, in quanto questo acido ha un’enorme importanza per la salute del bambino», ha riferito al Notiziario CORDIS il professor Berthold Koletzko, dell’ospedale pediatrico presso l’Università di Monaco (Germania).

Il comitato ha tuttavia riscontrato che le diete delle madri occidentali tendono ad essere povere di cibi che possono fornire la dose necessaria. Gli esperti sostengono che questo può essere dovuto al limitato grado di consapevolezza sul ruolo svolto dagli omega nello sviluppo del neonato.

Gli integratori DHA sembrano avere un impatto su varie affezioni e patologie. Prove recenti suggeriscono che essi possono alleviare i sintomi di disturbi quali la schizofrenia, la depressione, la dislessia e l’Alzheimer.

La Food Standards Agency informa che, per le donne in gravidanza e per le donne che allattano, è generalmente prudente il consumo settimanale di due porzioni di pesce grasso di mare, necessarie per assumere la quantità raccomandata di DHA.

L’Agenzia informa inoltre che il DHA può essere assunto anche sotto altre forme, fra cui gli integratori.

Fonte: © CORDIS.EUROPA.eu Servizio Comunitario di Informazione in materia di Ricerca e Sviluppo

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Gli integratori di Omega-3 fanno male?

Omega 3, i grassi buoni che curano

Proteggono il cuore, sono antidepressivi e un valido alleato degli sportivi.
Salmone, tonno, merluzzo, sardine. Quanti li mangiano regolarmente?

Sono i pesci “angeli custodi” del cuore. E il merito è tutto degli acidi grassi Omega 3 (Dha e Epa) in grado di prevenire malattie cardiocircolatorie anche gravi: arrivano a ridurre la mortalità per queste patologie di circa il 10 per cento.

Giocano così un ruolo cruciale nella prevenzione dell’aterosclerosi, degli infarti, ma anche della depressione, del cancro, della colite ulcerosa, del diabete 2 e dell’artrite reumatoide. E se non bastasse, un ulteriore motivo per mangiare pesce c’è: gli Omega 3 sono anche un «salva-cervello», poiché svolgono un’azione importantissima nel metabolismo cerebrale.

Merito del loro valore anti-infiammatorio, che studi attualmente in corso stanno dimostrando. Lo studio greco ATTICA, ad esempio, sta coinvolgendo 1514 uomini e 1528 donne: si è già visto che circa il 90 per cento dei partecipanti mangia pesce almeno una volta al mese, e quelli che si attestano intorno ai 300 g la settimana presentano livelli più bassi (di oltre il 33%) di ben cinque parametri infiammatori rispetto a chi ne mangia di meno.

Uno dei ricercatori, Demosthenes Panagiotakos, ha detto all’American College of Cardiology che questi risultati dovrebbero già spingere i medici a consigliare ai propri pazienti di mangiare più pesce, in particolare il pesce azzurro di piccola taglia, come le sardine, che vanno consumate con le lische e non fritte.

Il principale autore dello studio, Antonis Zampelas, suggerisce che per ottenere più benefici potremmo ricorrere a integratori di Omega 3 in modo da arrivare ad assumerne 600 mg. al giorno. Quanto ai pesci freschi, il salmone contrasta molto bene l’invecchiamento, purché risulti di qualità incontaminata. Attenzione quindi che il pesce provenga da mari freddi e che abbia subito una procedura di distillazione molecolare d’alta qualità: è l’unico modo per garantire l’assenza di metalli pesanti come il mercurio.

«La membrana, quando presenta un’alta concentrazione di acidi grassi essenziali, conferisca fluidità alla cellula; le cellule, a loro volta, garantiscono fluidità agli organi e, proseguendo in questo suggestivo percorso si giunge alla fluidità dell’intero organismo, della trasmissione dell’informazione neurologica, degli impulsi cardiaci, della comunicazione tra i neuroni e quindi anche alla fluidità del pensiero», scrive il dottor Fabrizio Duranti nel libro «Le 100 regole del benessere» (Sperling & Kupfer).

E indica i valori dettati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana, che ha stabilito un fabbisogno quotidiano compreso tra 0,8-1,5 g di Omega-3, a secondo dell’età e del sesso.
Per raggiungere un benessere psicofisico e per aumentare le prestazioni a livello sportivo i dosaggi sono maggiori: 1-2 g di un complesso EPA/DHA il cui rapporto dovrebbe essere di circa 2:1, meglio se sotto forma di gliceridi naturali.
Ancora più elevate le dosi per ottenere benefici terapeutici, ma su indicazioni mediche.

Omega 3, l’anti-infiammatorio degli sportivi: questi acidi grassi sono stati anche presi in esame durante un congresso medico-scientifico dedicato alle novità per la corretta nutrizione degli sportivi e la cura dell’obesità che si era tenuto a Empoli. «Molti atleti oggi assumono abitualmente Omega 3 – fa notare il professor Enrico Arcelli, dell’Università di Milano .

La ragione per la quale di solito lo fanno, è che questi acidi grassi hanno uno spiccato effetto antinfiammatorio. Ci sono, ad ogni modo, vari altri effetti positivi determinati negli atleti dall’utilizzo degli acidi grassi Omega 3. Il professor Giuliano Fontani del Dipartimento di Fisiologia dell’Università di Siena e i suoi collaboratori, per esempio, hanno constatato che migliorano in misura significativa lo stato dell’umore; l’olio di pesce, in particolare, determina una diminuzione della depressione, dell’ansia e dell’aggressività.

Questi stessi studiosi hanno dimostrato che gli Omega 3 sono altresì in grado di migliorare l”attentività; c’è soprattutto una riduzione dei tempi di reazione complessi, tanto importanti in molti sport, a partire dai giochi di squadra».

Fonte: La Stampa 9/2/2009 Rubrica “Antiaging: giovani a lungo”

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Gli Omega-3 riducono il rischio di cancro della prostata

Degli effetti benefici degli omega 3 se n’è già parlato molto, ma probabilmente c’è ancora molto da scoprire su come agiscano e quali possano essere tutte le aree di applicazione. Una di queste riguarda la protezione sul temibile cancro alla prostata che, oggi, si arricchisce di una nuova importante scoperta.

La notizia giunge dai ricercatori statunitensi dell’Università della California a San Francisco, i quali hanno dichiarato che “precedenti ricerche hanno dimostrato una protezione contro il cancro alla prostata, ma questo è uno dei primi studi per dimostrare la protezione avanzata contro il cancro alla prostata e l’interazione con il gene della COX-2″
I ricercatori hanno eseguito un’analisi su 466 uomini con diagnosi di carcinoma della prostata aggressivo e 478 uomini sani. Di questi ne è stata valutata e controllata la dieta.

Il gruppo di uomini che hanno consumato molti acidi grassi omega-3 a lunga catena ha mostrato un 63% di riduzione dei rischi di cancro alla prostata aggressivo rispetto agli uomini che hanno assunto basse dosi di omega 3. I ricercatori hanno poi valutato l’effetto degli omega-3 tra gli uomini con la variante in rs4647310 COX-2, un noto gene infiammatorio.

Dai risultati è emerso che gli uomini che presentano una basso livello di omega-3 e questa variante hanno più di cinque volte un maggiore rischio di cancro alla prostata avanzato. Invece gli uomini con un elevato apporto di acidi grassi omega-3 hanno mostrato una sostanziale riduzione del rischio.

Fonte: “La Stampa” 26/3/2009

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Elogio del pesce

Prof. Eugenio Del Toma
docente di scienza dell’alimentazione

I prodotti ittici sono caratterizzati da un corredo di acidi grassi tipico e molto diverso da quello degli animali terrestri. Nei pesci prevalgono gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga con una buona presenza della serie nota come “omega-3”, tra cui l’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA), implicati in molteplici regolazioni funzionali e strutturali.
Il DHA costituisce il 25-33% degli acidi grassi dei fosfolipidi cerebrali e il 40-50% nella retina. L’uomo può ricavare tali acidi grassi dal loro precursore, l’acido linolenico; tuttavia, tale capacità è ridotta in alcune situazioni patologiche (diabete, squilibri ormonali), nel digiuno, nell’invecchiamento, quando la ridotta attività dell’enzima desaturasi diminuisce di efficienza e quindi si riduce la possibilità di tale trasformazione.
Dall’EPA derivano prostaglandine dotate di azione fluidificante del sangue, quindi antitrombotica, vasodilatatrice ed anti-infiammatoria, in grado di contrastare l’effetto di altri derivati metabolici degli acidi grassi omega-6 con funzioni antagoniste.
L’influenza positiva degli omega-3 si estende anche al settore delle patologie auto-immuni, inoltre riguarda positivamente i lipidi circolanti tramite la riduzione della sintesi epatica di colesterolo, acidi grassi e trigliceridi.
Per questi ed altri motivi, l’American Dietetic Association ha incluso i prodotti ittici tra i “functional foods”, e la quantità di omega-3 da inserire nella dieta giornaliera (1 g/die) fa parte delle normali raccomandazioni dietetiche.

Fonte: La Repubblica Salute 04/12/2008 (estratto)

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Grazie agli omega-3 il pesce fa bene al cuore e alla mente

Professor Silvio Garattini

Si parla molto di omega-3 a volte a proposito ma spesso solo per sollecitare vendite di prodotti che non sempre li contengono in quantità adatte ad esercitare qualsiasi effetto.

Che cosa sono gli omega-3?

Sono acidi grassi, come dice il temine, un importante componente di ciò che chiamiamo grassi, tipo l’olio, il burro, la margarina.

Esistono vari tipi di acidi grassi quelli saturi, contenuti soprattutto nei prodotti animali tipo il burro o il lardo, e quelli insaturi, che sono invece presenti soprattutto nei vegetali e negli organismi marini.

Una categoria speciale di acidi grassi insaturi sono appunto gli omega-3: si distinguono dagli altri per la posizione in cui si trova l’insaturazione (costituita da più doppi legami fra due atomi di carbonio).

L’organismo umano non può sintetizzare gli omega-3 e perciò l’apporto di questi acidi grassi dipende essenzialmente dall’alimentazione.
Sono particolarmente ricchi in omega-3 alcuni pesci in particolare il salmone e i cosiddetti pesci azzurri, i crostacei, come pure il kiwi, le mandorle e le noci. I principali omega-3 hanno nomi difficili, ma è
importante conoscerli per leggere in modo appropriato le etichette che descrivono il contenuto dei cibi.
Si chiamano acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosoesaenoico (DHA) e sono i due principali omega-3 sui quali sono tuttora in corso ricerche.

Gli omega-3 sono importanti per l’organismo umano perché svolgono varie funzioni, ma soprattutto perché, insieme ad altri acidi grassi, entrano nella composizione delle membrane di tutte le cellule.
Quindi ciò che si mangia ha profonde ripercussioni sulle caratteristiche delle membrane e sulla loro funzionalità.

Le molecole degli acidi grassi saturi, quelli senza doppi legami, sono rappresentabili come bastoncini rigidi mentre gli omega-3 si presentano come dei bastoncini flessibili e ciò permette alle membrane di essere meno rigide e più fluide  il che consente migliori scambi fra l’esterno e l’interno delle cellule.

Un punto molto importante da sottolineare è la necessità di distinguere fra le quantità di omega-3 presenti nei cibi (decine di milligrammi per porzione) e quelle presenti nei farmaci (grammi per dose).

Perché è importante ingerire omega-3?

I dati epidemiologici, cioè gli studi condotti sulle popolazioni, indicano ad esempio che chi mangia pesce almeno una volta alla settimana ha minori probabilità di avere un infarto cardiaco.
Questi dati sono stati parzialmente confermati dallo studio GISSI-Prevenzione (realizzato dai medici  cardiologi ospedalieri in collaborazione con l’Istituto Mario Negri).

Questo studio ha mostrato una riduzione significativa della mortalità da parte di pazienti con fattori di rischio per malattie cardiovascolari trattati con dosi farmacologiche di omega-3. Un altro dato epidemiologico mostra che diete ricche in omega-3 sono associate a una minor incidenza di sindromi depressive.

Il Giappone, dove il pesce è un normale costituente dell’alimentazione, ha una bassa prevalenza di sindromi depressive rispetto alla Germania, dove il consumo di grassi è prevalentemente costituito da acidi grassi saturi.
Si ipotizza addirittura che la disponibilità di omega-3 per le cellule nervose abbia avuto un ruolo importante per l’aumento della massa cerebrale nel passaggio dagli ominidi all’uomo.

Studi più recenti hanno messo in evidenza che in Inghilterra un gruppo di studenti alimentati con una dieta ricca in omega-3 aveva performance scolastiche migliori rispetto ad altri alunni. In Indonesia le bambine mostrerebbero un rapporto proporzionale fra alimentazione ricca di omega-3 e sviluppo cerebrale.

Molti altri studi sperimentali, condotti negli animali e nell’uomo mostrerebbero un aumento della memoria, dell’orientamento nello spazio e nel tempo, dell’attenzione e delle facoltà cognitive in genere.

Analoghi vantaggi si otterrebbero con gli omega-3 nel miglioramento della “demenza” presente in topi portatori di modelli della malattia di Alzheimer come pure in soggetti anziani. E’ stato utilizzato il  condizionale perché i dati finora disponibili sono ipotesi più che acquisizioni definitive.

Infatti solo studi clinici controllati condotti con rigore scientifico e su numerosi pazienti potranno dare una risposta e forse una speranza a molti ammalati.
Speriamo solo che le industrie farmaceutiche siano disponibili a sostenere questi studi.

Professor Silvio Garattini,
direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri – Milano

Fonte: Gente 26/07/2008

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Cura per il cuore con l’ olio di pesce

Olio di pesce purificato o acidi Omega-3 per i pazienti del San Filippo Neri reduci da un attacco di cuore. La cura finisce sulle pagine del New York Times, che intervista Massimo Santini, responsabile dell’ unità cardiologica dell’ ospedale romano. «E’ una cura prescritta seguendo le linee guida internazionali», spiega il medico, il quale sottolinea che l’ utilizzo di questo olio riduce i casi di aritmie cardiache mortali. La stessa cura, tuttavia, non è presente nei protocolli terapeutici degli Stati Uniti. L’ Italia, spiega il quotidiano americano, ospita «i maggiori esperimenti clinici» in materia di olio di pesce. Del resto «gli scienziati hanno sottolineato che le diete mediterranee sono benefiche per il cuore, anche per la presenza di pesce».

Fonte: Repubblica — 04 ottobre 2006

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Ecco come gli «omega 3» influenzano il cervello

Una ricerca fa il punto sull’importanza di alcune sostanze per le attività cerebrali

Gómez-Pinilla, professore di neurochirurgia e scienze fisiologiche allo UCLA, ha passato la vita a studiare gli effetti del cibo, del sonno e dell’esercizio fisico sul cervello. Ora ha deciso di pubblicare una sintesi delle ricerche più importanti a questo proposito, analizzando 160 studi d’eccellenza che trattano il ruolo dell’alimentazione nello sviluppo cognitivo. Il risultato dell’analisi, che verrà pubblicato sull’edizione di luglio di Nature Reviews Neuroscience, è già consultabile online e, soprattutto, rappresenta un vero e proprio elogio degli acidi grassi Omega-3.

OMEGA-3 – Nel riassunto ragionato degli studi più importanti emerge un effetto quasi miracoloso da parte di questi acidi grassi presenti nel pesce, nei crostacei, nelle mandorle, nelle noci, nei kiwi e in molte altri cibi. In sostanza gli Omega-3 agiscono sulla fluidità delle membrane cellulari, migliorando lo sviluppo cognitivo nei bambini e contrastando i processi degenerativi nelle persone anziane.

ALCUNI ESEMPI – Per esempio uno studio realizzato in Inghilterra ha dimostrato che le performance scolastiche di un gruppo di studenti «cresciuti» a Omega-3 erano più alte rispetto a quelle degli altri alunni. Analoghi risultati sono stati confermati da una ricerca australiana su 396 bambini tra i 6 e i 12 anni divisi in due gruppi a seconda delle sostanze assunte: il primo gruppo, cui erano stati somministrati acidi grassi Omega-3, ferro, acido folico, vitamine A, B6, B12 e C, mostrava un’intelligenza verbale e una facilità di apprendimento superiore al gruppo che non aveva ricevuto lo stesso apporto nutritivo. Infine anche una ricerca indonesiana su un campione di 394 bimbi conferma un legame direttamente proporzionale tra acidi grassi Omega-3 e sviluppo cerebrale, ma in questo caso mostra un’incidenza maggiore tra le bambine.

VARIABILI COLLEGATE – In sostanza gli acidi grassi Omega-3 influenzano soprattutto la memoria, l’orientamento spazio-temporale, l’attenzione, la fluidità di parola e la velocità di elaborazione cognitiva. Allo stesso modo la carenza di queste sostanze può aumentare il rischio di dislessia, di demenza, di depressione e di schizofrenia. L’isola giapponese Okinawa è uno degli esempi più calzanti della veridicità delle teorie illustrate: qui la gente mangia moltissimo pesce e fa molta attività fisica. Il risultato è che la popolazione dell’isola nipponica è una delle più longeve e il tasso di disordine mentale è a livelli minimi. Inutile specificare cosa pensi il Prof Gómez-Pinilla del cosiddetto junk food (cibo spazzatura) e dei fast food, considerato che i grassi saturi svolgono invece un ruolo esattamente opposto rispetto agli Omega-3. In tutti i casi, per sua stessa ammissione, da quando ha iniziato ad approfondire il ruolo dell’alimentazione nello sviluppo del cervello, il professor Pinella evita accuratamente certi cibi.

Corriere della Sera
10 luglio 2008

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Omega 3 salvacuore, ne basta un grammo al giorno

Sono gli angeli custodi del cuore. E gli esquimesi, che mangiano molto pesce, lo sanno bene. Parliamo degli Omega 3, e l’ulteriore conferma sul loro valore per la salute arriva da uno studio tutto italiano. In sostanza gli Omega 3, ovvero i grassi contenuti essenzialmente nel pesce, sono un «salvacuore» in grado di prevenire malattie cardiocircolatorie anche gravi: arrivano a ridurre la mortalità per tali patologie di circa il 10 per cento. Gli eschimesi, che consumano in media oltre 400 grammi di pesce a testa ogni giorno, hanno infatti un tasso di mortalità per coronopatie bassissima.
La dimostrazione del ruolo protettivo sul cuore degli Omega 3 (acidi grassi poli-insaturi PUFA, contenuti essenzialmente nel pesce e in alcune alghe, oltre che nell’olio di lino e noci) arriva dallo studio «GISSI HF», durato quattro anni e condotto dal gruppo GISSI (costituito dall’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri ANMCO e dall’Istituto Mario Negri) con il sostegno di due aziende farmaceutiche italiane, Sigma-tau e SPA, e dell’americana Pfizer. Allo studio, pubblicato sulla rivista «The Lancet» e presentato al Congresso europeo di cardiologia di Monaco di Baviera, hanno preso parte 357 reparti di cardiologia in Italia, che hanno coinvolto oltre 7mila pazienti.

«Previene malattie cardiocircolatorie anche gravi»
Basta un grammo di Omega 3 al giorno, in questo caso somministrato sotto forma di pillole al campione di pazienti per quattro anni, e il cuore, ha dimostrato lo studio, è al riparo da malattie gravi come scompenso e aritmia. I risultati della sperimentazione, sorprendenti per i ricercatori, non lasciano dubbi: si è registrata una riduzione del rischio relativo di mortalità del 9%, una riduzione dell’8% dei ricoveri e della mortalità per scompenso cardiaco e un calo del 28% delle ospedalizzazioni per aritmie.

Un risultato eccezionale, affermano i ricercatori, «soprattutto alla luce dei tanti studi negativi proprio nel campo dello scompenso cardiaco», una patologia molto diffusa e con esiti spesso gravi: solo in Italia interessa circa 600mila persone, attestandosi come una delle principali cause di morbilità, mortalità e aumento della spesa sanitaria.


«Riduce scompenso cardiaco e aritmie»

Nello studio, gli autori concludono che «la somministrazione long-term di 1g al giorno di n-3 PUFA è risultata efficace nel ridurre sia la mortalità per tutte le cause, che i ricoveri ospedalieri per cause cardiovascolari».

Si trovano nel pesce, che non deve mai mancare a tavola
Nel pesce e nei suoi grassi Omega 3, insomma, sta il segreto per un cuore longevo. Ed è proprio a tavola che si inizia a salvaguardare la salute del cuore. Ma gli italiani, come emerge dai dati Istat, sembrano avere ancora molto da imparare da eschimesi e giapponesi: grandi consumatori di carne, ogni abitante del Belpaese consuma solo 23 chilogrammi di pesce l’anno. Eppure gli Omega 3 del pesce sono un vero toccasana: giocano un ruolo cruciale anche nella prevenzione dell’arterosclerosi, degli infarti, e pure della depressione, del cancro, della colite ulcerosa, del diabete 2 e dell’artrite reumatoide. E se non bastasse, un ulteriore motivo per mangiare pesce c’è: gli Omega 3 sono anche un «salva-cervello», poiché svolgono un’azione importantissima nel metabolismo cerebrale.

Fonte: LA STAMPA Salute 7/9/2008

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«Omega-3», aiuto naturale per tenere lontano l’infarto

La correlazione tra alimentazione ed incidenza di patologie cardiovascolari e’ ormai universalmente riconosciuta. In particolare, studi clinici e ricerche epidemiologiche hanno accertato una stretta dipendenza tra elevati livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue (iperlipidemie) ed incidenza di aterosclerosi ed infarto cardiaco. Il ruolo giocato dall’alimentazione emerse chiaramente da uno studio condotto nel 1978 da due ricercatori danesi, Dyeberg e Bang. Essi osservarono che l’incidenza delle malattie cardiovascolari era particolarmente ridotta nella popolazione degli eschimesi: i decessi per infarto, in Groenlandia, si attestavano intorno al 5.3%, mentre negli USA erano pari al 40.4%. La componente genetica era esclusa; infatti, eschimesi emigrati in America del Nord che si erano integrati nel tessuto sociale di quel Paese e che avevano adottato il regime alimentare locale, presentavano un tasso di incidenza di coronaropatie del tutto paragonabile a quello della popolazione americana. La protezione degli eschimesi contro aterosclerosi e trombosi risulto’ legata alla loro dieta estremamente ricca di pesce e di particolari grassi in essi contenuti: gli acidi grassi polinsaturi “OMEGA-3”. Gli “omega 3” appartengono alla famiglia dei grassi “polinsaturi”. In natura, i grassi possono essere suddivisi in acidi grassi saturi, insaturi e polinsaturi. I grassi presenti nel corpo umano possono derivare dagli alimenti o, nel caso degli acidi grassi “saturi” ed “insaturi”, essere prodotti dall’organismo stesso. I mammiferi non possono sintetizzare invece alcuni acidi grassi “polinsaturi” che, quindi, devono essere necessariamente introdotti con la dieta; per tale ragione essi vengono definiti “essenziali”. Tra gli acidi grassi essenziali abbiamo l’acido linolenico (precursore di tutti gli omega 3) presente negli oli di semi verdi di lino, ravizzone e soia e altri OMEGA-3, contenuti soprattutto nel pesce. Tra gli OMEGA-3 di derivazione ittica, i piu’ importanti ed efficaci sono i cosiddetti EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico). Gli OMEGA-3 sono componenti di tutte le membrane cellulari e sono impiegati nella formazione di sostanze (prostaglandine, trombossani e leucotrieni) coinvolte in numerose ed importanti reazioni cellulari. Essi modificano alcuni parametri biologi: abbassano i trigliceridi nel sangue, aumentano i livelli di colesterolo buono (HDL), diminuiscono lievemente la pressione e riducono i fenomeni che favoriscono trombosi ed aterosclerosi. EPA e DHA quindi non agiscono solo sul distretto lipidico (trigliceridi e colesterolo) ma modulano anche l’intera cascata di fattori coinvolti nell’aterosclerosi, riducendone i fattori negativi ed aumentandone quelli positivi. L’importanza fondamentale degli OMEGA-3 nella prevenzione delle malattie cardiovascolari risulta documentata con dovizia di argomentazioni e riscontri sperimentali. Un contributo importante al chiarimento del ruolo protettivo svolto dagli OMEGA-3, tramite il consumo di pesce, deriva dallo studio (MRFIT) in cui si e’ dimostrata una correlazione inversa e significativa tra l’assunzione di pesce e la mortalita’ per cause cardiovascolari. I dati emersi da un’indagine di prevenzione secondaria, compiuta su oltre 2000 soggetti maschi britannici sopravvissuti ad infarto acuto, indicano una riduzione del 29% della mortalita’ cardiovascolare (studio DART), a seguito di assunzione di OMEGA-3. Una corretta alimentazione, spesso disattesa dalle abitudini alimentari dei Paesi occidentali, dovrebbe dunque prevedere un adeguato quantitativo di pesce, in particolare di pesce azzurro. I derivati ittici che risultano infatti piu’ ricchi in OMEGA-3 sono sgombri, triglie, sarde, aringhe, tonno e molti altri. I preziosi “OMEGA-3” sono tuttavia facilmente “degradabili” per cui, per ottenere il massimo rendimento in OMEGA-3 dal pesce, si deve ricorrere a precauzioni importanti. Innanzitutto il pesce non deve essere di allevamento, deve essere fresco e consumato al piu’ presto e l’ideale e’ consumarlo crudo o cotto il meno possibile (le temperature elevate o le cotture prolungate distruggono gli OMEGA-3). Gli OMEGA-3 sembrano invece non risentire particolarmente della surgelazione. Chi non ama questo alimento o non riesce ad introdurne in quantita’ adeguata puo’ ricorrere all’ausilio di alimenti rinforzati con OMEGA-3 o, meglio ancora, ad integratori a base di olio di pesce.

Fonte: La Stampa 31-01-2003

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