Prof. Eugenio Del Toma
docente di scienza dell’alimentazione
I prodotti ittici sono caratterizzati da un corredo di acidi grassi tipico e molto diverso da quello degli animali terrestri. Nei pesci prevalgono gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga con una buona presenza della serie nota come “omega-3”, tra cui l’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA), implicati in molteplici regolazioni funzionali e strutturali.
Il DHA costituisce il 25-33% degli acidi grassi dei fosfolipidi cerebrali e il 40-50% nella retina. L’uomo può ricavare tali acidi grassi dal loro precursore, l’acido linolenico; tuttavia, tale capacità è ridotta in alcune situazioni patologiche (diabete, squilibri ormonali), nel digiuno, nell’invecchiamento, quando la ridotta attività dell’enzima desaturasi diminuisce di efficienza e quindi si riduce la possibilità di tale trasformazione.
Dall’EPA derivano prostaglandine dotate di azione fluidificante del sangue, quindi antitrombotica, vasodilatatrice ed anti-infiammatoria, in grado di contrastare l’effetto di altri derivati metabolici degli acidi grassi omega-6 con funzioni antagoniste.
L’influenza positiva degli omega-3 si estende anche al settore delle patologie auto-immuni, inoltre riguarda positivamente i lipidi circolanti tramite la riduzione della sintesi epatica di colesterolo, acidi grassi e trigliceridi.
Per questi ed altri motivi, l’American Dietetic Association ha incluso i prodotti ittici tra i “functional foods”, e la quantità di omega-3 da inserire nella dieta giornaliera (1 g/die) fa parte delle normali raccomandazioni dietetiche.
Fonte: La Repubblica Salute 04/12/2008 (estratto)