In uno studio pubblicato sul British Journal of Nutrition dell’ Università di Cambridge i ricercatori hanno studiato le abitudini alimentari di 2.600 persone di oltre 50 anni.
I risultati principali mostrano che l’assunzione di olio di pesce è inversamente proporzionale alla diffusione dell’insufficienza renale cronica.
Anche solo mangiare molto pesce è stato sufficiente a ridurre del 32% la diffusione della malattia.
Al contrario, l’assunzione di acido alfalinoleico, un precursore degli acidi grassi omega-3 contenuto in molte fonti vegetali compreso l’olio di semi di lino, ha aumentato del 73% il rischio di sviluppare il disturbo.
Secondo i ricercatori, l’olio di pesce riduce l’infiammazione dei reni diminuendo la produzione di vari mediatori infiammatori come le citochine e l’ossido di azoto che, se in eccesso, può danneggiare i reni.
Inoltre, l’olio di pesce abbassa la pressione ematica, che è la prima causa dei danni renali.
Aiutando a tenere sotto controllo i lipidi ematici, l’olio di pesce protegge ulteriormente i reni.
Alcuni studi suggeriscono che riduca anche l’escrezione proteica eccessiva per via renale, un noto segnale di problemi futuri ai reni.
Parlando del fatto che, invece, l’acido alfa-linoleico (ALA) di origine vegetale non offre questa protezione, gli autori sostengono che, nel corpo, esso si converte solo in minima parte in acidi grassi omega-3 attivi, cioè in EPA e DHA; ancora peggiore è il fatto che assumere grandi quantità di ALA può interferire con il metabolismo del DHA a causa di un meccanismo di feedback negativo che riduce le concentrazioni di DHA nei tessuti.
Inoltre, a differenza dei grassi omega-3 preformati del pesce e dell’olio di pesce, l’ALA non esercita alcun effetto sui mediatori infiammatori.
Lo studio ha anche scoperto che a lungo termine gli acidi grassi omega-6, contenuti negli oli vegetali e in altre fonti, danneggiano la funzione renale perché si convertono in mediatori proinfiammatori che possono deteriorare i reni.
La buona notizia è che l’olio di pesce ricco di omega-3 può bloccare i danni causati da un eccesso di grassi omega-6.
Fonte in inglese: British Journal of Nutrition – Università di Cambridge